(publicado en www.cittanova.it, 5 de enero de 2011)
di Alberto Barlocci
A Buenos Aires resta grave il problema della penuria di abitazioni, con una popolazione in continua crescita anche a causa dei tantissimi immigrati. Con lo sgombero pacifico di un terreno appartenente a un club sportivo, il clima sociale nella capitale argentina è tornato alla normalità, anche perché negli ultimissimi giorni sono scemate le altre manifestazioni di protesta dei lavoratori.
Le forze dell’ordine hanno provveduto a smantellare le casupole precarie installate da un centinaio di famiglie che reclamavano una soluzione abitativa immediata. Il deficit di case a Buenos Aires é di 50 mila abitazioni: il municipio ne ha costruite una quantità infinitesimale rispetto alle richieste.
A fine anno, comunque, il sindaco di Buenos Aires ha annunciato un piano edilizio di 8 mila abitazioni da costruire in accordo col governo nazionale. Nel frattempo le decine di baraccopoli della città – denominate “villas miserias” – continuano a crescere.
La capitale ed il suo hinterland, insieme, contano circa 12 milioni di abitanti, con centinaia di migliaia di persone che vivono in precarie “villas miserias”. Per Daniel Arroyo, ex ministro dello Sviluppo sociale della provincia di Buenos Aires, «il problema consiste nel garantire scuole, ospedali e casa proprio nelle provincie di origine», onde fermare un flusso costante di immigrati interni, ai quali si aggiungono immigrati provenienti da Bolivia, Paraguay e Perú «le cui rimesse in dollari comportano un potere d'acquisto importante per il loro paese di provenienza».
Il governo argentino si trova dunque davanti a un forte dilemma: come favorire lo sviluppo locale, le economie regionali all'interno del suo territorio, e ridurre la povertà e la marginalità nella cintura urbana di Buenos Aires.